Oggi mi ritengo fortunato: sono ricco e famoso, ho raggiunto un equilibrio con me stesso e con la mia famiglia e posso dire di essere finalmente in pace con me stesso. Ma sono diventato quello che sono a causa di un incidente stradale che ha causato la morte della persona che amavo».
A parlare è Scott Eastwood, figlio del gigante del cinema Clint Eastwood e della hostess Jacelyn Reeves. Trentuno anni, considerato il nuovo sex symbol di Hollywood, due film di prevedibile grande successo in uscita (Overdrive di Antonio Negret e Pacific Rim: Uprising di Steven S. DeKnight) e venti interpretazioni sotto pseudonimo in pellicole pluripremiate,
Scott si presenta finalmente al mondo con il suo vero nome. E mentre il padre in questi giorni si trova a Venezia per girare le scene iniziali del suo nuovo film, The 15,17 to Paris, che racconta la storia di tre giovani statunitensi che nel 2015 sventarono un assalto terroristico su un treno, il giovane rampollo racconta di come essere figlio di un mito gli abbia condizionato tutta la vita.
«Sono certamente cresciuto in condizioni privilegiate»,
racconta oggi Scott Eastwood.
«Ma mio padre è un tipo vecchio stampo che non regala nulla. Ho lavorato duramente per tutto quello che ho avuto: ho fatto il barista, il muratore, il parcheggiatore. Mi sono pagato da solo l’università. Mio padre viene dagli anni ’30 e dalla Grande Depressione: lui e la sua famiglia si spostavano in continuazione alla ricerca di lavoro, e non dà mai niente per niente. Mi ha sempre detto:
“Vai a lavorare e tieni la testa bassa”».
E la testa bassa Scott l’ha di certo tenuta: finito il college ha lasciato la natia Carmel-by-the-sea (vicino a San Francisco) per arrivare, dopo seicento chilometri in autostop, a Los Angeles. «SonTS sempre stato innamorato del cine- > ma», dice il giovane Eastwood,
«ma non pensavo che sarebbe diventato un lavoro. Appena arrivato a Los Angeles ho conosciuto un paio di ragazzi che volevano diventare Navy Seals, cioè far parte delle forze speciali antiterrorismo della Marina, e per un po’ ci ho pensato anch’io seriamente. Sono persino arrivato a iscrivermi alle famose otto settimane di training, ma pochi giorni prima della partenza ho rinunciato per colpa di un piccolo infortunio a una gamba. Poi sono tornato all’idea originaria, lavorare nel cinema. Così ho iniziato a fare qualche provino».
••• In realtà, gli inizi cinematografici di Scott Eastwood non sono stati così semplici. Per più di un anno dopo suo arrivo a Hollywood, infatti, Scott prese parte a provini in cui venne regolarmente rifiutato. Così dovette chiedere aiuto al padre.
«È vero. Mi ero convinto » che gran parte del mio insuccesso fosse dovuto proprio al cognome che portavo: i registi non sceglievano il figlio del grande Clint per paura, in caso di flop, di litigare con lui. Convinsi allora mio padre a darmi l’opportunità di far vedere quanto valessi con piccola parte in un suo grande film, Flags ofOur Fathers. Mio padre accettò, ma mi disse: “La gente deve vedere te sullo schermo, non mio figlio”».
Fu così che, dietro suggerimento proprio di Clint Eastwood, Scott cambiò il proprio cognome all’anagrafe con quello della madre, Reeves. E Scott Reeves debuttò sul grande schermo come giovane recluta che muore dopo solo tre giorni. Protagonista del film La risposta è nelle stelle, tratto dal best seller di Nicholas Sparks, autore del film premio Oscar L’uomo che sussurrava ai cavalli.
«Era la mia occasione, l’occasione che aspettavo da anni»,
ricorda oggi Scott.
«Ho sostenuto il provino, ma come risposta ho avuto il solito “Ci faremo sentire”. Depresso, ho deciso di uscire a bere una birra con la mia ragazza, Jewel. Le birre sono diventate due, tre, e poi di più… Al ritorno, Jewel si è offerta di guidare, perché io non ero in grado di farlo. Dopo un paio di curve, un camion sbucò da una stradina laterale, e Jewel lo centrò in pieno. Il suo airbarg è esploso. Fu come un gigantesco proiettile che le attraversò il corpo: le spezzò in due la spina dorsale. E morta sul colpo».
Scott, invece, uscì dall’incidente miracolosamente indenne. Ma cadde in una profonda depressione. Qualche settimana più tardi, George Tillman, regista di La risposta è nelle stelle, chiamò l’aspirante attore per dirgli che aveva ottenuto la parte, ma Scott si negò persino al telefono. Tillman si rivolse allora direttamente al padre del ragazzo. E Clint Eastwood si presentò a casa del figlio.
«Quando ho aperto la porta e ho visto mio padre ho subito pensato al peggio, che fosse successo qualcosa di brutto a casa»,
dice Scott
. «Invece era venuto per convincermi uscire di casa e per accompagnarmi sul set… È stata forse la prima volta che mi sono accorto dell’amore di mio padre nei miei confronti: era ed è un uomo duro, ma quel giorno, quando gli raccontavo di Jewel morta al mio fianco, ho visto le lacrime nei suoi occhi».
Da quel giorno i rapporti tra Scott e Clint sono cambiati: il giovane ha ripreso il cognome del padre e con questo ha recitato prima proprio in La risposta è nelle stelle, e poi in due thriller di grande successo come La legge della notte di Ben Affleck e Fast And Furious 8 di F. Gary Gray. Il grande successo internazionale, però, è arrivato solo recentemente con Overdrive, un film d’azione di prossima uscita in Italia, che vede Scott nei panni del protagonista: un affascinante ladro di opere d’arte e di auto di lusso. All’inizio del prossimo anno, poi vedremo Scott indossare una tuta spaziale e mettersi alla guida di un gigantesco robot nel fantascientifico Pacific Rim: Uprising.
«Mi hanno messo nella lista del prossimo “uomo più sexy del mondo”»,
aggiunge Scott Eastwood,
«ma so già che non vincerò mai: dovrei farmi fotografare nudo ma non mi piace mostrare il mio corpo. E confesso una cosa che non ho mai detto finora: ero stato io la prima scelta per personaggio di Mister Grey nel film erotico Cinquanta sfumature di grigio, che poi si è rivelato fin successo mondiale. Ma ho rifiutato perché sono un po’ all’antica, esattamente come mio padre: un uomo deve mostrarsi nudo solo alla donna che ama».
Tratto da Visto
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